I boschi nel vicentino
Venezia e i boschi. Gestione e sfruttamento del patrimonio boschivo vicentino nei documenti dell’Archivio di Torre conservati in Bertoliana
I boschi sono da sempre oggetto di particolare attenzione e interesse per le amministrazioni locali e centrali. Lungo il corso dei secoli, infatti, le autorità competenti hanno ritenuto loro precisa responsabilità salvaguardare il patrimonio boschivo attraverso una attenta gestione e un mirato sfruttamento. E se la cosa ha una chiara motivazione per la realtà presente, ancor di più la ebbe per il passato, quando il bosco forniva materia prima per molti e differenti usi.
Il breve percorso che proponiamo vuol essere una riscoperta, attraverso alcuni documenti originali conservati nell’Archivio di Torre, delle diverse modalità di utilizzo del legno in un periodo storico preciso quale fu quello della dominazione veneziana. Ci si è concentrati su questo arco temporale (1404 – 1797), innanzi tutto perché la documentazione risulta essere abbondante e diversificata; in secondo luogo perché la Repubblica di Venezia fece un uso massiccio del legname proveniente anche dai boschi vicentini per far fronte all’imponente fabbisogno dell’industria navale, legata all’arsenale.
I documenti presentati sono collegati a due diversi ambiti di produzione: da un verso, la Repubblica di Venezia che sovrintendeva su tutte le operazioni che avevano come oggetto i boschi, dall’altro, la città di Vicenza che gestiva i non sempre facili rapporti con il territorio. La città, infatti, possedeva molti boschi anche sull’altipiano di Asiago e in altre zone del territorio vicentino e questa situazione portava spesso a conflittualità difficili da gestire.
Assieme ai documenti è presente in bacheca anche un disegno acquerellato del ponte di Lisiera sul Tesina – la didascalia spiega il motivo di questa presenza – qui ci preme sottolineare come molto spesso la documentazione archivistica fosse accompagnata da mappe e/o disegni che descrivono, anche visivamente, il contenuto dei documenti stessi. Nel caso dei boschi, le mappe erano prodotte per mostrare i confini delle varie proprietà e di chi fosse la pertinenza su un dato territorio. A questo proposito, di particolare importanza la mappatura delle montagne vicentine perché, al di là del complesso e variegato “problema dei boschi”, nell’area vicentina, a complicare le cose – per così dire –, vi era il fatto che tutto il confine nord della provincia coincideva con il confine tra la repubblica e l’impero asburgico; una vera spina nel fianco per l’amministrazione veneziana.
L’attività boschiva era gestita da Venezia anche con la stampa di sempre nuovi e aggiornati proclami, di volta in volta prodotti per sottolineare un particolare uso dei boschi, per far fronte agli abusi o dirimere questioni e liti sorte tra le parti coinvolte nel commercio del legname. Assieme ai proclami venivano stampati anche brevi opuscoli, prodotti per lo più dagli Inquisitori all’Arsenal (i magistrati che avevano l’incarico di vigilare sul buon funzionamento dell’industria navale veneziana), e legati allo sfruttamento e al mantenimento dei boschi di rovere così preziosi per l’arsenale.
A cura di Sergio Merlo
1. A.T. b. 109 n. 3; c. 6r
1453, dicembre 10. Vicenza
Appalto del dazio legname del Brenta. Il podestà Lorenzo Mauro e il capitano Maffeo Contareno, rettori della città di Vicenza, appaltano all’incanto il dazio per la conduzione del legname lungo il Brenta. Ottiene l’appalto Sigismondo figlio di Antonio “De Ziliotis” per 950 libbre di denari.
L’appalto del dazio legname era affare assai lucroso per l’appaltatore; questo provocava, nel caso dell’appalto sul Brenta, non pochi dissidi tra Vicenza e Bassano. Esiste in Archivio di Torre una sentenza veneziana a favore di Vicenza riguardo a tale dazio, la città ottenne infatti di: “libere conducere ipsa lignamina pro usu et necessitate eorum …” (1484, giugno 11).
Non mancano altre sentenze sempre riferite al pagamento del dazio e agli abusi che ne seguivano. Una delle frodi più frequenti consisteva nel far passare per vicentino legname che in realtà non lo era, in quanto proveniente da boschi non di proprietà della città, e quindi sottoposto a regolare dazio. Interessante anche il caso di conduttori di legname che per evitare il dazio facevano uso di una nuova strada che, oltrepassato il Brenta, conduceva direttamente in territorio vicentino.
2. A.T. b. 87 n. 2
1617, aprile 8. Venezia
Ducale del doge Giovanni Bembo con la quale autorizza il taglio di: “venti roveri, quattordeci da pali, et sei da correnti, per restaurare il Ponte predetto di Lisiera. Et sia commesso alli Provveditori , et Patroni all’Arsenal, che inviar debbano un Proto della Casa, per assistere al taglio de roveri suddetti conforme l’ordinario”.
L’autorizzazione prende le mosse da un importante provvedimento, datato 10 marzo 1489, che il doge Agostino Barbarigo aveva sottoscritto accogliendo
le istanze fatte dalle comunità di terraferma interessate al mantenimento e al taglio dei boschi, in particolare quelli di rovere. In nove capitoli erano state individuate le nuove norme da osservarsi nella gestione e nel taglio dei legnami.
Il primo capitolo ci interessa direttamente là dove raccomanda “che quando li cittadini over contadini nostri harano bisogno de legnami da opera per far raconzar molini, foli, sega, ponti, carri, peneli […] sia da facultà a dicti nostri Rectori conceder dicte licentie […]”.
3. A.T. b. 87 n. 6
Ponte sul Tesina a Lisiera
Il disegno mostra il progetto di restauro del ponte e la necessità di poter utilizzare tronchi di rovere per eseguire il lavoro.
4. A.T. b. 754 n. 12
Catalogo delli Boschi da esaminarsi della Provincia Vicentina
realizzato tra il 1789 e il 1796 (date delle Relazioni prodotte a corredo)
I “cataloghi” - altri tre oltre a questo - meritano alcune considerazioni:
a) i toponimi con i quali sono designati i singoli boschi sono numerosissimi e molto variegati; ne citiamo qualcuno: Bosco del Laghetto; Bosco de’ Molini; Bosco de’ Corvi; Bosco del Monte della Chiesa; Il Montarello; Bosco delli Moreri; Il Cero ecc.
b) le essenze annotate sono molte, le più significative: rovere, olmo, carpine, ginepro, castagno, nocciolo, marrone, cerro, faggio, larice, peccio, ontano, noce; nonché alberi da frutto e immancabili spine e russe
c) utilizzo delle essenze: per lo più “da fuoco o fassine da fuoco”, ma anche “per ripari d’acque”; “per zove da botte” o “da bottami”; “da opera” o “legna da lavoro”; “ristauri di case”; anche un preciso: “riparo del Torrente Astico” (si tratta di castagni e noccioli provenienti dal bosco della Val delle Maredane di Lugo); “per costruzioni”; “da fabbriche”; “e a cantilli” (piccole travi); “vascilli da vino”; “da carbon”; “foglia per animali”; “molini”; “da entrata e d’ara”; “da calcara” o “per la fabbrica di calce” o ancora “a far sabbie da sassi”; “da vignali” vale a dire “pali da vigne” o ancora “paletti da vignali”; “da riapri per una valle annessa” (si tratta del bosco del Sig.r Zamboni in quel di Quargnenta); “da ponti” (sono roveri ed olmi che provengono dal bosco della Salanica di Sossano); “ad uso da Opera per il Serenissimo Principe” (roveri e carpini del bosco La Trassena di Colzé); “costruzione di Penelli”; “da riparo di Valli”; “per ripari coltivati”; “per la povertà di Creazzo”; “ad’uso, e per il mantenimento nelle pubbliche sovrane occorrenze del Pubblico Restello situato al passo della Borcola suddetta tanto per far seraglio e anco per il custode” (siamo in comune di Posina; si tratta di un boschetto anonimo di piccoli faggi); “da fuoco per la casara” (sul Monte Summano; il bosco appartiene ai frati che là vivono; è di faggi e pecci); “ad uso di scale da man”; “da stanghe”; “per la Casa Eccellentissima dell’Arsenal (è Il Bosco di Bortolo a Zovencedo di proprietà del Comune).